giovedì 25 agosto 2011

The bath’s power

Come previsto è arrivato, trionfalmente, nell’ultima settimana, il sold out per i Blusclint, un traguardo che era nell’aria, come certi gol durante le partite importanti. Certo, la sala ha solo 50 posti, ma un sold out è un sold out anche se sì, è vero, in inglese la parola fa sempre pensare a stadi stracolmi o ai teatri più importanti di Broadway… come avrete capito, in inglese c’è un sensazionalismo verbale per tutto ciò che riguarda lo spettacolo in generale. Tra i motivi del sold out ce n’è uno imprevedibile e curioso: se il 5% è venuto per la pubblicità dei volantini e il 15% attirato dalla recensione e dal passaparola, ben l’80% è giunto allo spettacolo tramite i servizi igienici. Come sapete in ogni teatro inglese c’è un bagno. È vero che qui non sono particolarmente affezionati a una certa cura personale, ma al di là dell’assenza del bidet, anche gli inglesi necessitano di espletare certe funzioni fisiologiche e, se non altro, permettono ai turisti di farlo.

In questi servizi igienici, gli artisti non mancano di mettere locandine e volantini pubblicitari e così ha fatto anche il nostro, scegliendo accuratamente i bagni più in vista e nei punti nevralgici del centro di Edimburgo, dove ruotano gli spazi più importanti. L’impresa non è stata semplice ma nemmeno così faticosa: con la scusa di farsi pubblicità nei bagni dei teatri, il nostro si è anche recato a vedere diversi spettacoli e così subito dopo, o talvolta nel mezzo, si è diretto nei bathrooms preposti e lì ha infierito con il blue tack (una pastina colorata per appunto di blu che si usa per appiccicare i volantini su superfici di vario genere) attaccando il flyer accanto allo specchio, sopra l’asciugamani elettrico, sopra lo scarico o appena sopra il rotolo di cartigienica, scegliendo i punti strategici secondo un percorso obbligatorio che tutti conosciamo. Come sia accaduto che lo stesso flyer distribuito per le vie di Edimburgo abbia avuto più successo nei bagni dei teatri è un fenomeno difficile da spiegare. Il nostro lo attribuisce in primis a un grado di attenzione e concentrazione che, lo si voglia o no, in bagno raggiunge un discreto livello, sicuramente più alto che nel semplice passeggiare turistico. Ma non dimentichiamo che il momento liberatorio, fisiologicamente parlando, mette le persone in buona disposizione d’animo, sono più rilassate e aperte che non durante il girovagare per musei e chiese, dove nella bolgia c’è sempre spazio per una naturale diffidenza.

Ma una cosa it’s really sure: certe cose accadono solo in Scozia, e in particolare al Fringe Festival, un posto dove l’attenzione al fatto artistico è assolutamente privilegiata, un luogo che, con i suoi 2400 spettacoli e forse più, potrebbe apparire come un supermarket del teatro e invece è un’acropoli dell’arte e nemmeno diroccata, ma perfettamente funzionante. Dove si respira un’aria di sublime partecipazione ed empatia creativa, in una città che per un mese si trasforma nella più grande e spettacolare multisala del mondo. Ma anziché ospitare filmacci da blockbuster si riempie di spettacoli teatrali in un caleidoscopio commovente ed emozionante di stili e forme nuove e innovative. La grandezza dell’evento è tale che quasi tutte le compagnie vengono qui spendendo soldi che non recupereranno mai, ma se gli chiedete «perché lo avete fatto?» tutti in coro vi risponderanno: «È UN’ESPERIENZA!!!». Pensate ai poveri spazi teatrali, invece: con i loro affitti da 3000 sterline a sala che, moltiplicati per i 90 spettacoli che programmano, permettono loro di fare solo l’inutile e scontata esperienza di guadagnare 300.000 sterline in un mese. Grazie a dio che ci sono gli artisti. Che si accontentano dell’esperienza e non chiedono altro.